Questo è un blog politico, ma non un sito di partito.
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3 agosto 2011

Intelletuali e politica...

La politica non è più concepita dall’intellettuale medio come uno strumento in grado di incidere sulla società, ma come un apparato di èlite che tende a difendere se stesso. Molti cercano allora spazio nel campo giornalistico o delle associazioni culturali e rifuggono dalla politica dei partiti, che, a loro volta, tendono ad esiliare i propri intellettuali e a far sì che ricoprano ruoli marginali: l’uomo di cultura è temuto perché non mira all’opportunismo di una scelta, ma alla sua legittimità. Sono anche convinto che il discorso di certi intellettuali che si disinteressano per questi motivi della politica sia un banale trasferimento di responsabilità che non accetto. Bisogna che le menti brillanti si occupino e tornino ad occuparsi di politica, rifiutando che qualcuno metta altri nella condizione di non occuparsene; bisogna rompere il gioco nelle mani di chi ha un vantaggio da questa situazione. E sono profondamente convinto che cultura e politica non debbano essere distinte, ma al contrario possono e devono integrarsi ed arricchirsi reciprocamente. Faccio mia la posizione di Prezzolini che rifiutava sia la cultura politicizzata che la politica acculturata, per prediligere una soluzione che mantiene queste due realtà tanto svincolate nei compiti quanto unite nel formare ed orientare le coscienze. Prezzolini condannava sia lo scarso interesse che la classe colta dedica alla politica, spesso limitato ad una critica preconcetta, sia la sua scarsa capacità di incidere sulla vita dei cittadini. Dalle pagine de «La Voce» sosteneva che «gli italiani colti, che [...] talvolta vedono più in là delle circostanze immediate, non solo non riusciranno ad imporre una direzione alla vita storica del loro paese, ma non sapranno nemmeno far ascoltare il loro consiglio e la loro voce». Una simile frattura ha come risultato che tanto la politica quanto la cultura si impoveriscono nella mutua segregazione, con conseguenti danni: «la politica, infatti, quando non vi aliti dentro lo spirito della nazione ricco di tutte quelle orientazioni ideali che si chiamano cultura, diventa una mediocre faccenda composta di piccole cose quotidiane - più vicina assai alla pratica minuta degli affari di un mercante che non alla complessità vasta e concitata della storia. E la cultura, segregata dalla politica, - e in generale dalla vita vissuta, immiserisce nella “letteratura”». La politica si svuota di ragioni ideali, mentre la cultura si confonde con la letteratura, perdendo la sua dimensione distintiva.

1 commento:

Amedeo ha detto...

Caro Diego,
la POLITICA dovrebbe essere il luogo ideale dove si dibattono le varie applicazioni della cultura nella società. Ainoi la politica di questo inizio secolo (ammesso che il XX° sia finito...) è totalmente scevra da ogni tensione ideale, si regge su slogan da stadio rivolgendosi agli elettori parlando sempre del "cosa" faranno e mai del "COME". La differenza è totale e la spia del malessere della classe politica sta nel come vengono scelte le nuove persone, mai per intraprendenza o capacià ma solo per furbizia e sudditanza. Anni fa dicevamo che per rimetterci in carreggiata la politica avrebbe dovuto riprendere il controllo sull'economia, ora mi sento di dire che l'intelligenza deve prendere il sopravvento sulla società e rovesciare questo sistema politico assolutamente decadente.
un abbrccio

Ame