Questo è un blog politico, ma non un sito di partito.
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Un laboratorio per nuove sintesi, un'occasione di verifica continua..

28 settembre 2008

La mia generazione...

Colpita e marginalizzata dalle conseguenze della rivoluzione del ‘68 e della cultura dello spot televisivo, dai mercati dei servizi chiusi alla concorrenza e dalla riforma Dini, la Generazione Tuareg può riscattarsi solo costruendo una nuova mappa di valori, un nuovo pensiero comune. Coltivando visioni più ampie del proprio interesse, può rovesciare l’approccio di chi oggi è al potere in Italia. Battendo la “sindrome dell’alieno”: l’idea - straordinariamente diffusa tra dirigenti pubblici e privati, imprenditori, opinion maker, accademici - che le sorti dell’Italia siano qualcosa di altro rispetto ai propri comportamenti, ai propri giudizi, alle proprie ambizioni.Francesco Delzìo – autore di ”Generazione Tuareg” 2007 Rubettino

Una generazione nuova come molte altre ma senza guide, senza maestri. Una generazione figlia di un’altra generazione che ha fatto del distacco dal padre un emblema, dell’odio per la tradizione una bandiera, che pretendendo di sconfiggere l’individualismo e le buone maniere è caduta esattamente e fatalmente nella spirale dell’ “io solo”. Un distacco dal padre come persona come autorità, un distacco finto utilitaristico: ribellione e indipendenza a spese di papà. R. Kipling sintetizzava quasi profeticamente nel “Libro della giungla” le figure dei “signori” della giungla come parodia del mondo degli adulti, simulacro delle cariche dirigenziali di uno Stato ancora aggrappato a idee e concetti che continuano a fare riferimento al passato, quando da almeno vent’anni parole come ideologia non vogliono dire più nulla. Quando Mowgli, bambino indiano protagonista del racconto che si perde nella giungla e che tutti gli abitanti della giungla invidiano per il suo essere “umano”, comincia a voler essere autonomo, incontra il re delle scimmie, il colonnello, un elefante appartenuto all’armata del marajà ecc. Tutti i personaggi hanno il loro “habitat” fatto di spazi, ma che non intendono minimamente condividere nulla con lui, anzi intendono carpirgli il segreto del fuoco! Oggi Mowgli è un po’ cresciutello e ormai 35 enne si aggira per i vari enti, strutture, aziende o affini in cerca di un “ingaggio a cottimo”: capacità di resistenza al mobbing, ottima… Ma anche questi “ragazzini” in cerca di autore, si scontrano con i nuovi padroni della giungla. Non c’è competizione. I nuovi sono nuovi da almeno 40 anni!!! E non sono disposti a cedere nulla e tanto meno a fare i mentori di una nuova generazione.“Certo! Se il mondo finisce con me, muoia Sansone con tutti i Filistei!!! Se la mia posizione è costruita non sulla responsabilità generazionale, ma sul presupposto che tutti mi adorino…” allora è impossibile cedere il passo, è impossibile trasmettere qualcosa agli altri. L’ “altro” è solo un’entità scomoda che attenta ai miei privilegi e nella misura in cui è capace e sveglio deve essere tenuto lontano, “guai ai vincenti” e non più “guai ai vinti”. Esiste una rete di interessi comuni di certe fasce di età, il problema principale e' oggi tra “giovani” dai sessanta ai cento anni e “giovanissimi” dai venti ai cinquanta. Un generazione nuova, con nuovi problemi, senza un’identità in cui ritrovarsi, in cui riscoprire le proprie radici che provengono dalla storia antica di una civiltà che ha cambiato gli eventi e ha dato dignità all’uomo, alla famiglia, ha dato senso alla tradizione. Parlo di storia antica e non di quella degli ultimi 40 anni in cui, francamente, fatico a riconoscermi!C’è un buco generazionale di almeno vent’anni, non c’è spazio d’espressione, non ci sono opportunità, la società di oggi è un club troppo esclusivo per “ragazzini” svogliati o bamboccioni. Una generazione, la nostra, anestetizzata infantilizzata e resa inerte dalla rottura di un patto generazionale. Una generazione priva di identità, priva di libertà o perlomeno con la licenza di una libertà fittizia, falsa, il cui eco e grido viene soffocato tra le pieghe di un sorriso paternalista troppo spesso sulle labbra di vecchie “volpi di grossa taglia”. Non si tratta di scatenare lo scontro generazionale, ma di cominciare a esserci, di ridare coraggio a una generazione con le speranze ridotte alla sola possibilità di pensare, di credere che è possibile occupare uno spazio con la forza dell’intelligenza, di avere il coraggio di pensare che è più importante valere per quello che si è e non per quello che si ha. E allora Mowgli comincerà a non scappare più da Shere Khan la tigre, prenderà coscienza di possedere un’arma, che è l’intelligenza e la forza d’animo che può generare il coraggio. Il coraggio di prendere consapevolezza che è il momento di reagire, di alzarsi e di rompere la barriera dell’individualismo del cinismo tipico della “gerontocrazia che non molla”, espressione statica e plastica di una realtà che è diventata una diga. Una generazione figlia del nuovo millennio che deve ritrovare la voglia di provare, di proporsi senza essere paralizzata dal giudizio del “consenso degli anziani” imparando a correggere gli errori e senza timore di sbagliare, poiché come dicevano i nostri vecchi, anzi scusate, i nostri antenati: sbagliando s’impara!

Nuove piazze, nuovi uomini