Questo è un blog politico, ma non un sito di partito.
E' uno spazio di idee. Il mio.

Un modo per raccontarmi e un modo per ascoltare.
Un laboratorio per nuove sintesi, un'occasione di verifica continua..

18 agosto 2011

Scrigno prezioso

Ancora una volta, in queste afose giornate di Agosto, mi ritrovo difronte alla triste constatazione del difficilissimo e ingiusto contesto storico-sociale in cui la mia generazione si ritrova immersa, senza spazi professionali né culturali, senza la possibilità vera di esprimersi. La generazione dei padri ha non di rado trasferito la propria scontentezza ai figli, disincentivandoli e schiacciandone le speranze. In piena crisi della famiglia i ragazzi crescono senza rischi né pericoli, non sanno più affrontare i problemi, non vogliono rinunciare ai propri privilegi, continuando così a rendere gloria ad una società consumistica e materialista. La società propone modelli privi di meritocrazia: questo induce spesso i giovani volenterosi ad abbandonare l’irta strada del sacrificio, a cedere al “servilismo” e anche a rinunciare alla politica. Ed è questo che non riesco proprio ad accettare. In un momento di crisi come questo, l'impegno politico può e deve tornare ad essere uno degli “scrigni preziosi” in cui le nuove generazioni possono trovare un patrimonio di valori e principi sapientemente custoditi. E invece vedo giovani sempre più lontani dalla politica, possibile? I giovani rappresentano l’espressione più intensa dell’esistenza e proprio per questo dovrebbero essere i protagonisti per definizione della politica, perché essa ha una dimensione esistenziale indiscutibile. La partecipazione alla politica dovrebbe appartenere in prima istanza proprio alla gioventù e se questo non accade vuol dire che nella struttura di uno stato qualcosa non funziona, significa che chi fa politica si auto-isola e che gli esclusi sono privi degli strumenti per incidere nella vita sociale. Uno stato in cui i giovani sono soggetti disinteressarsi della politica è uno stato malato, uno stato che non funziona, uno stato che ha delle contraddizioni dentro di sé e il cui funzionamento è in gran parte compromesso...

3 agosto 2011

Intelletuali e politica...

La politica non è più concepita dall’intellettuale medio come uno strumento in grado di incidere sulla società, ma come un apparato di èlite che tende a difendere se stesso. Molti cercano allora spazio nel campo giornalistico o delle associazioni culturali e rifuggono dalla politica dei partiti, che, a loro volta, tendono ad esiliare i propri intellettuali e a far sì che ricoprano ruoli marginali: l’uomo di cultura è temuto perché non mira all’opportunismo di una scelta, ma alla sua legittimità. Sono anche convinto che il discorso di certi intellettuali che si disinteressano per questi motivi della politica sia un banale trasferimento di responsabilità che non accetto. Bisogna che le menti brillanti si occupino e tornino ad occuparsi di politica, rifiutando che qualcuno metta altri nella condizione di non occuparsene; bisogna rompere il gioco nelle mani di chi ha un vantaggio da questa situazione. E sono profondamente convinto che cultura e politica non debbano essere distinte, ma al contrario possono e devono integrarsi ed arricchirsi reciprocamente. Faccio mia la posizione di Prezzolini che rifiutava sia la cultura politicizzata che la politica acculturata, per prediligere una soluzione che mantiene queste due realtà tanto svincolate nei compiti quanto unite nel formare ed orientare le coscienze. Prezzolini condannava sia lo scarso interesse che la classe colta dedica alla politica, spesso limitato ad una critica preconcetta, sia la sua scarsa capacità di incidere sulla vita dei cittadini. Dalle pagine de «La Voce» sosteneva che «gli italiani colti, che [...] talvolta vedono più in là delle circostanze immediate, non solo non riusciranno ad imporre una direzione alla vita storica del loro paese, ma non sapranno nemmeno far ascoltare il loro consiglio e la loro voce». Una simile frattura ha come risultato che tanto la politica quanto la cultura si impoveriscono nella mutua segregazione, con conseguenti danni: «la politica, infatti, quando non vi aliti dentro lo spirito della nazione ricco di tutte quelle orientazioni ideali che si chiamano cultura, diventa una mediocre faccenda composta di piccole cose quotidiane - più vicina assai alla pratica minuta degli affari di un mercante che non alla complessità vasta e concitata della storia. E la cultura, segregata dalla politica, - e in generale dalla vita vissuta, immiserisce nella “letteratura”». La politica si svuota di ragioni ideali, mentre la cultura si confonde con la letteratura, perdendo la sua dimensione distintiva.